giovedì 21 aprile 2016

La sindrome del tunnel carpale

La sindrome del tunnel carpale
Per questo secondo focus prendo spunto da un quesito postomi qualche settimana fa sulla mia pagina facebook riguardante la “sindrome del tunnel carpale”. L’interrogativo riguardava la necessità o meno della fisioterapia post-intervento ma è bene partire dall’inizio e fare luce sulla patologia in se.

Anatomicamente il tunnel carpale si trova sul lato palmare della mano, appena dopo l’articolazione del polso. È un canale osseo e legamentoso che ha come base quattro ossa brevi (trapezio, scafoide, uncinato e pisiforme) e come tetto il robusto “legamento anulare anteriore del carpo o legamento trasverso del carpo”. All’interno di questo canale passano nello specifico i tendini flessori superficiali e profondi delle dita ed il flessore proprio del pollice, per intenderci, le corde tendinee che ci permettono di chiudere il pugno. Parallelamente a questi tendini, nel canale del carpo, scorre il nervo mediano.


Ritengo sia utile qui fare una piccola digressione e spiegare la differenza tra tendine e nervo. Parto sempre dal presupposto di avere a che fare con persone “non addette ai lavori” e che quindi sia utile chiarire alcuni dubbi. Nella mia pratica clinica molti pazienti nella descrizione del sintomo esordiscono con: “mi tira qui, proprio dove c’è il nervo”. Anche qui la fa da padrona una certa confusione di termini. Il nervo è una struttura anatomica che fa parte del sistema nervoso periferico. Diciamo che è il filo che parte dalla nostra centralina elettrica rappresentata da cervello e midollo spinale. Serve a condurre l’input elettrico che viene poi trasmesso ai muscoli affinché si contraggano o a condurre verso il sistema nervoso centrale degli stimoli sensitivi che vengono dalla periferia. Il tendine è la parte finale di un muscolo che si inserisce su un osso. La confusione nasce dal termine “nerbo”. Il nerbo è una frusta formata dall’intreccio di tendini bovini e con l’aggettivo “nerboruto” si indica una persona i cui muscoli e tendini sono particolarmente evidenti. Nerbo e nervo sono due parole molto simili e nell’italianizzazione hanno raggiunto un significato unico ma errato.

 Digressione fatta torniamo alla sindrome. I nervi sono strutture estremamente delicate che se schiacciate possono portare a sintomatologia dolorosa, parestesia (formicolio) e deficit importanti del muscolo come perdita di funsione e di massa. Questo è ciò che succede nella sindrome del tunnel carpale. Il legamento anulare anteriore del carpo si inspessisce per una causa non nota (idiopatica) a questo si associa un ispessimento dei tendini sopracitati per cause reumatologiche o da eccessiva attività. Il nervo a questo punto si trova schiacciato sotto al legamento dando come sintomatologia formicolio sulla porzione palmare di 1°,2°,3° e porzione interna del 4° dito, dolore che si acuisce nelle ore notturne. Inoltre si ha un deficit di forza nell’opposizione del pollice (pollice che non riesce a toccare la punta dell’anulare e del mignolo).

La sindrome del tunnel carpale è la neuropatia periferica più diffusa interessando l’1% della popolazione generale. Colpisce maggiormente le donne in età premenopausale.
La diagnosi è clinica con alcuni test che cito per dover di cronaca e che magari sono stati sottoposti a chi di voi ha avuto questo tipo di problema:
-manovra di Tinel









-manovra di Phalen












La diagnosi strumentale viene fatta con l’elettromiografia motoria e sensitiva (EMG)
 
Trattamento
È conservativo, quindi senza intervento chirurgico, nei casi in cui la compressione sia modesta e senza eccessiva sintomatologia. Esso consiste nell’uso di un tutore che eviti la flessione e l’estensione del polso per un tempo determinato affinché le strutture possano sgonfiarsi. Quando prevale il dolore si può intervenire con un’infiltrazione di cortisone a lento assorbimento.

 Fisioterapia nel trattamento conservativo
La fisioterapia da un grande aiuto nel trattamento conservativo della patologia. L’obiettivo è il riassorbimento dell’edema conseguente all’infiammazione tendine ed il rilassamento del canale del carpo con conseguente fluidificazione dello scorrimento tendineo. La terapia fisica è rappresentata da laser, ultrasuoni, tecar ma trova un ruolo fondamentale  la terapia manuale. Manualmente il terapista rilassa il carpo e il citato legamento, attua uno scorrimento tendineo senza contrazione muscolare e quindi senza ingrossamento dei tendini, riattiva la circolazione che smuove la stasi venosa causa del dolore. Nella pratica riabilitativa trova posto anche l’applicazione di taping neuromuscolare

Trattamento chirurgico
Consiste nel sezionare longitudinalmente il legamento trasverso del carpo e resecarne parzialmente i lembi laterali per liberare il nervo dalla compressione nel canale.








Fisioterapia post trattamento chirurgico

-Per la prima settimana la riabilitazione consiste nella mobilizzazione attiva e passiva delle dita e in cauti movimenti attivi del polso.

-Dopo una settimana si toglie la medicazione ed il paziente inizia ad utilizzare la mano nelle attività di vita quotidiana.

-Dal 14° giorno si tolgono i punti di sutura e ,a cicatrice rimarginata, si eseguono esercizi attivi a passivi del polso. Un lavoro importante va focalizzato sulla cicatrice in quanto i neotessuti cicatriziali potrebbero formare aderenze coi tessuti sottostanti e nei casi più gravi limitare nettamente il movimento della mano. In questo caso è fondamentale la terapia manuale che può essere coadiuvata dall’utilizzo da taping neuromuscolare

-dalle 2 alle 4 settimane il paziente viene gradualmente portato ad attività più rigorose volte al rinforzo muscolare di un sistema che è stato “a riposo” per troppo tempo.
La riabilitazione termina quando non sono più presenti i segni dell’infiammazione, quando non è più presente il dolore e quando l’attività della mano ha raggiunto livelli accettabili ed il suo miglioramento, secondo valutazione del terapista, dipende esclusivamente dal paziente

Per rispondere al quesito iniziale, ricalcando anche la risposta data sul social network la fisioterapia post-operatoria è necessaria. Non ve n’è bisogno solo nei rarissimi casi in cui l’intervento non porta a conseguenze (infiammazione, ipomobilità, dolore) ma la statistica in questo caso è infinitamente piccola se non nulla

Grazie per la lettura, arrivederci al prossimo focus

Michele Laino


Le nozioni presenti in questo articolo sono state estrapolate da:
-F.Postacchini, E.Ippolito, A.Ferretti “Ortopedia e Traumatologia”
-I.A. Kapandji “Fisiologia articolare-vol.1-arto superiore”
-S.Brent Brotzman, Kevin E. Wilk “La riabilitazione in ortopedia”
-Dizionario Devoto Oli della lingua Italiana

-esperienza lavorativa ambulatorio riabilitazione mano, servizio di Fisioterapia Complesso Integrato Columbus, 2013-2016

mercoledì 13 aprile 2016

Artrite ed artrosi: confusione di due termini

Artrosi ed artrite reumatoide

Voglio iniziare questi appuntamenti “focus” parlando di due patologie estremamente diffuse e, molto spesso, concettualmente confuse. La maggior parte dei miei trattamenti hanno riguardato e riguardano queste due malattie o le loro conseguenze e nella mia pratica clinica mi sono spesso trovato di fronte a pazienti che non conoscevano a pieno le differenze tra l’artrosi e l’artrite e che frequentemente pensavano che i due termini fossero sinonimi.
Il dato curioso che ho riscontrato, trattandosi di pazienti affetti dall’una o dall’altra patologia,  è che i soggetti che non conoscevano le differenze di base tra le due malattie, erano sempre quelli affetti da artrosi. La spiegazione di questo dato si deve ricercare prima di tutto nell’accezione popolare dei due termini, i quali sono spesso confusi. L’altra causa è che i soggetti affetti da artrite reumatoide, la quale è una patologia completamente differente, seguono un iter diagnostico e curativo molto più articolato e controllato e quindi sanno perfettamente che la loro patologia non è l’artrosi.
Alla luce di ciò ho pensato dunque che fosse positivo iniziare con questo argomento.

L’artrosi o più correttamente osteoartrosi, è una patologia articolare degenerativa, caratterizzata dalla degenerazione della cartilagine che provoca il cedimento strutturale delle articolazioni. Nella grande maggioranza dei casi, l’osteoartrosi, compare insidiosamente senza una causa iniziale, come un fenomeno legato all’invecchiamento (artrosi primaria). Generalmente in questi casi la malattia colpisce poche articolazioni. Nel 5% dei casi l’osteoartrosi compare in soggetti giovani che presentano condizioni predisponenti come traumi articolari, diabete, forte obesità. In questo caso si parla di osteoartrosi secondaria. Nelle donne sono più colpite le articolazioni di ginocchia e mani; negli uomini le articolazioni delle anche.


Tutto nasce da una degenerazione della cartilagine che ha un ruolo essenziale sia nell’ammortizzazione sia nella frizione delle articolazioni.  Le piccole lesioni si trasformano poi in grosse falle che raggiungono l’osso sottostante. Lo stile di vita, l’ambiente e gli stress biomeccanici articolari favoriscono l’insorgenza dell’artrosi. Il 40% dei soggetti oltre i 70 anni ne è affetto.
La patologia in genere non da sintomi fino ai 50 anni.
La sintomatologia caratteristica è rappresentata da:

-                    -          dolore profondo che peggiora con il movimento articolare

        -      rigidità mattutina
        
         -   limitazioni del movimento

L’artrosi può essere anche causa di nevralgie compressive (p.es: sciatica).
La diagnosi è clinica o strumentale tramite Radiografia

Il trattamento
Dall’artrosi non si guarisce ma si possono alleviare i sintomi e rallentare il processo degenerativo
Può essere:

    -     farmacologico con l’induzione di antidolorifici, miorilassanti e antinfiammatori
 
  -  fisioterapico con termoterapia tramite applicazione di calore, necessaria mobilizzazione e decoaptazione articolare, tecniche di rilassamento muscolare e stretching

  -       chirugico con artroscopia depurativa o protesizzazione  



Quando parliamo di artrite reumatoide (AR) non cambiamo solo patologia ma anche ambito. Si passa, infatti, nella clinica reumatologica essendo questa una patologia infiammatoria cronica autoimmune.
Benché questa affezione colpisca principalmente le articolazioni del nostro corpo, possiamo trovarne manifestazione anche in tessuti diversi e in organi come il cuore, la pelle ed i polmoni.
Dal punto di vista articolare, l’AR porta alla distruzione della cartilagine e all’anchilosi (fusione di due ossa) . L’incidenza nella donna è 3 volte superiore che nell’uomo ed ha la sua manifestazione tra i 20 ed i 40 anni.

Essendo una patologia autoimmune e cioè una condizione in cui il nostro sistema immunitario attacca il nostro stesso corpo, la predisposizione genetica contribuisce allo sviluppo della patologia molto più che nell’artrosi. I fattori ambientali come infezioni e fumo possono favorire l’insorgenza della patologia latente.
Nella metà dei pazienti l’AR inizia in modo insidioso con:

       -       malessere
      
       -       debolezza muscolare  

        -      dolore muscolo-scheletrico generalizzato
 Dopo qualche mese il coinvolgimento articolare diventa evidente, prima alle mani, provocando anche delle notevole deformazioni, poi alle articolazioni più grandi, risparmiando rachide ed anche. Vengono coinvolti, a livello articolare anche muscoli e tendini.



La diagnosi è clinica e supportata da Radiografia, analisi del liquido sinoviale (liquido che si trova all’interno delle articolazioni), analisi di laboratorio con ricerca di fattore reumatoide e di anticorpi-CCP

Trattamento
È finalizzato ad alleviare il dolore e l’infiammazione, nonché a rallentare la distruzione articolare.

               -     farmacologico prevede l’uso di corticosteroidi (cortisone), farmaci sintetici o biologici come il metotrexato

               -    fiosterapico con termoterapia mediante l’applicazione di ghiaccio, mobilizzazione articolare, rilassamento muscolare, tecniche per riassorbimento edema.

              -      chirugico con sostituzione protesica



In definitiva possiamo affermare che le differenze sostanziali tra le due patologie sono:

A) l’artrosi è di ambito ortopedico su base meccanica; l’artrite e di ambito reumatologico su base autoimmune

B) l’artrosi ha una base genetica eterogenea e non chiara; l’artrite ha una preponderante base genetica (50%)

C) l’artrosi primaria si manifesta in soggetti ultracinquantenni, quella secondaria in soggetti più giovani ma come conseguenza di altre patologie; l’artrite reumatoide si manifesta tra i 20 ed i 40 anni

D) l’artrosi non porta all’anchilosi articolare (fusione ossea); l’artrite porta all’anchilosi

E) l’artrosi colpisce esclusivamente le articolazioni; l’artrite colpisce differenti tessuti, tra cui  il cuore

F) l’artrosi può colpire tutte le articolazioni; l’artrite generalmente risparmia il rachide e le anche

G) l’artrosi si tratta con il caldo; l’artrite con il freddo

H) la terapia farmacologica per l’artrosi è composta da antidolorifici, antinfiammatori e miorilassanti e marginalmente da corticosteroidi; per l’artrite i corticosteroidi sono preponderanti essendo i più efficaci farmaci antiinfiammatori ma la terapia è composta anche da farmaci sintetici e biologici

I) l’artrite reumatoide risulta essere più invalidante dell’artrosi data la sintomatologia, la gestione e la terapia


Grazie per la lettura. Arrivederci al prossimo focus!

 Michele Laino


Le nozioni presenti in questo articolo sono state estrapolate da:
1) Robbins e Cotran “Le basi patologiche delle malattie – malattie degli organi e degli apparati – Vol.2”; V.Kumar, A.K. Abbas, J.C. Aster
2) “Clinica Ortopedica – Manuale-Atlante” A.Mancini, C.Morlacchi
3) Lezione universitaria di Reumatologia; corso di Fisioterapia, II Facoltà di Medicina e Psicologia, Università “La Sapienza”, Roma, Anno accademico 2010-2011