Lesione
del legamento crociato: trattamento chirurgico e riabilitazione
In questo terzo focus voglio parlarvi di uno
dei traumi ortopedici più frequenti e uno di quelli di cui si sente più parlare
data la sua alta incidenza in sport come il calcio ed il basket: la rottura del
legamento crociato anteriore.
Anatomicamente i legamenti sono delle
strutture statiche e scarsamente elastiche che congiungono due estremità ossee.
Da non confondere coi tendini che, come spiegavo nel focus precedente,
rappresentano la parte terminale del muscolo che si inserisce su un osso, sono
discretamente elastici e stabilizzano indirettamente un’articolazione. I
legamenti servono dunque a stabilizzare l’articolarità tra due ossa,
limitandone il movimento a quello fisiologico e biomeccanicamente adeguato.
Il legamento crociato nella fattispecie si
trova all’interno dell’articolazione del ginocchio. Il suo acronimo esatto è
LCAE ovvero legamento crociato anteriore esterno. Crociato perche si incrocia
con il legamento crociato posteriore, anteriore perché è più anteriorizzato
rispetto al posteriore ed esterno perché parte dalla porzione anteriore
dell’interlinea del piatto tibiale fino a raggiungere la faccia mediale nella
porzione posteriore del condilo femorale esterno. Questo robusto legamento
stabilizza il ginocchio evitando che la tibia vada eccessivamente in avanti
rispetto al femore. Inoltre grazie alla loro struttura fanno si che le due ossa
stiano sempre a contatto durante il movimento del ginocchio, che è un movimento
a cerniera, proprio come quelle di porte e finestre.
Quando si ha una lesione del LCAE?
La lesione del crociato si ha quando si
incappa in un trauma che riesce a produrre una forza di trazione sul legamento
maggiore della resistenza del legamento stesso. Un LCAE resiste fino a 2500 N.
Il trauma più classico è di tipo distorsivo. Quando si sente gergalmente “il
piede si è piantato a terra e il ginocchio si è girato” è molto probabile che
sia avvenuta una lesione del crociato.
Con questa modalità i casi sono due: nel
primo il piede resta piantato guardando verso l’esterno ed il ginocchio va
verso l’interno. Questo è il trauma più frequente ed in questo caso la lesione
del crociato è associata alla lesione del legamento collaterale mediale. Nel
secondo, il piede resta piantato guardando verso l’interno ed il ginocchio va
verso l’esterno. In questo caso la prima struttura interessata è il legamento
crociato anteriore. Difficilmente un trauma che abbia determinato la lesione
del crociato non interessa atri legamenti o le strutture meniscali, ma il
legamento crociato resta la struttura anatomica più importante dal punto di
vista chirurgico e riabilitativo. La lesione del crociato può avvenire anche
per trauma distorsivo da iperflessione del ginocchio, quando ci si accovaccia
con eccessiva forza e velocità.
Il soggetto che subisce un trauma che
determini la rottura del crociato sentirà nel ginocchio un “crac articolare” e
l’immediato bisogno di eliminare il carico dall’arto infortunato. Successivamente
potrebbe esserci gonfiore, ecchimosi cutanea (livido, nei casi gravi) ed
atteggiamento in flessione del ginocchio come per protezione.
La rottura totale del crociato è
diagnosticabile direttamente “in campo” con alcuni test specifici. Le rotture
parziali sono diagnosticabili grazie all’imaging, risonanza magnetica in
particolare.
Le lesioni del LCAE sono così classificabili:
-I grado: semplice distensione di alcuni
fasci del legamento
-II grado: lacerazione legamentosa parziale
-III grado: lacerazione legamentosa totale o
distacco del legamento dall’osso
Trattamento
Tenendo conto del fatto che una lesione
completa del LCA non ripara spontaneamente la via d’elezione è quella
chirurgica. La necessità dell’intervento varia a seconda di alcuni fattori:
-dolore
-instabilità articolare marcata
-età del paziente
-stile di vita
L’intervento chirurgico non è quindi sempre
necessario. La rottura del LCAE non è invalidante se il soggetto ha una vita
scarsamente attiva, se non pratica sport regolarmente, se non riscontra una
instabilità notevole e se non ha dolore. Si tende ad operare quando
l’instabilità secondaria del ginocchio diventa invalidante o quando il paziente
sia giovane o attivo dal punto di vista sportivo. La lesione del crociato non
trattata può portare a problemi secondari quali lesioni meniscali ed artrosi
precoce del ginocchio ma in molti casi l’apparato muscolare di questa
articolazione riesce a sopperire alla mancanza del legamento facendo risultare il
ginocchio abbastanza stabile nelle normali attività di vita quotidiana
L’intervento chirurgico non consiste in una
riparazione tramite sutura, anche perché i legamenti sono strutture scarsamente
vascolarizzate e quindi avrebbero difficoltà a riparare. Si tratta bensì di una
sostituzione.
Le tecniche utilizzate sono sostanzialmente 3:
-sostituzione del legamento con i tendini dei
muscoli semitendinoso e gracile autologo
-sostituzione del legamento con il tendine
rotuleo autologo
-sostituzione del legamento con allograft,
trapianto da cadavere
La tecnica operatoria è molto complessa ed
avviene in artroscopia. Senza entrare in lunghi tecnicismi possiamo così
sintetizzare l’intervento.
-
In
artroscopia vengono eliminati i lembi del legamento lesionato
-
Nel caso in
cui si effettui una sostituzione con i tendini, gli stessi vengono prelevati e
preparati
-
Si effettua
una canalizzazione ossea che attraversa obliquamente l’articolazione passando
da femore a tibia ripercorrendo il l’orientamento del legamento
-
Si
inseriscono i tendini di cui si stabilizzano i capi con delle viti
Ciò che avviene biologicamente nei mesi
successivi è una vera e propria trasformazione. Il tessuto tendineo che
chirurgicamente ha sostituito il legamento va prima in necrosi avascolare e poi
viene rivascolarizzato trasformandosi in tessuto legamentoso. Questo processo
ha bisogno di 9 mesi ed avviene grazie al fatto che l’organismo riconosce il
tessuto come suo ed in quella localizzazione gli conferisce un specifica
diversa, non più tendine ma legamento. Inoltre il neo legamento viene
perfettamente inglobato nell’osso. Affinché questo processo avvenga è
necessario però un input e questo viene dato dalla fisioterapia.
Riabilitazione
Lo scopo macroscopico della riabilitazione è
quello di ridare articolarità, equilibrio e forza al ginocchio.
Microscopicamente tutti gli input riabilitativi vanno a stimolare la nuova
strutture ed a direzionare la sua linea di riparazione. Se la riabilitazione
non venisse effettuata o effettuata in modo non idoneo il neo legamento
resterebbe lasso e non darebbe stabilità al ginocchio. La progressione
riabilitativa, se si parla di standard può essere così strutturata:
1) fase pre-operatoria:
la riabilitazione inizia prima
dell’intervento. Il paziente deve presentarsi al chirurgo con una adeguata
articolarità del ginocchio ed una buona massa muscolare. La mancanza di questi
indici potrebbe essere preclusiva per la buona riuscita della riabilitazione
2) fase post-operatoria 0-2 settimane:
il paziente vene dimesso con un tutore
bloccato in estensione durante il cammino e la notte. Il carico è concesso con
2 stampelle, di cui una eliminabile dopo una settimana se tollerato il carico.
Il primo obiettivo è quello di ridurre l’edema, il gonfiore ed il dolore, come
dopo ogni intervento chirurgico.
In questa fase è importantissima la
tempestiva mobilizzazione con l’obiettivo di riguadagnare la completa
estensione, necessaria per la deambulazione. La flessione da raggiungere entro
le 2 settimane è di 90°. Una buona forza del quadricipite ed una buona
articolarità ci proiettano alla fase 3
3) fase 3: 2-4 settimane:
ripristino di una buona deambulazione ed
eliminazione della seconda stampella. Il tutore resta nel caso in cui il
legamento sia stato sostituito con il tendine rotuleo. Viene invece rimosso se
si tratta di gracile e semitendinoso. In questa fase si raggiunge la completa
articolarità e si incrementano gli esercizi di rinforzo, che restano sempre
cauti
4) fase 4: 6 settimane-4 mesi:
si passa alla quarta fase post operatoria se
la deambulazione è normale, l’articolarità è totale e la fiducia nel ginocchio
da parte del paziente gli permette di iniziare esercizi di equilibrio e
stabilità, con carichi e difficoltà crescenti
5) ritorno all’attività sportiva
Al quinto mese si inizia il graduale ritorno
all’attività sportiva
FT Michele
Laino
Le nozioni presenti in questo articolo sono
state estrapolate da:
1) A.Mancini, C.Morlacchi “CLINICA
ORTOPEDICA”
2) I.A.Kapandji “FISIOLOGIA ARTICOLARE” vol.2
3) F. Postacchini, E.Ippolito, A.Ferretti
“ORTOPEDIA E TRAUMATOLOGIA”
4) B.Young, J.W. Heath “ISTOLOGIA E ANATOMIA
MICROSCOPICA”
5) Lezione universitaria di Medicina della
riabilitazione, A.A. 2011-12, corso di Fisioterapia II Facoltà di medicina e
psicologia, A.O. Sant’Andrea, “La Sapienza” Roma