domenica 22 maggio 2016

La malattia di Osgood Schlatter


Durante l’accrescimento l’osso dell’infante ha una conformazione peculiare. In primis offre una resistenza maggiore dovuta ad una ossificazione non totale e quindi ad una densità ossea “bassa”, motivo per il quale le fratture “a legno verde” sono peculiari dell’età preadolescenziale. Inoltre l’osso del bambino è come un mosaico di pezzi non ancora saldati tra di loro e si può osservare come a ridosso del corpo centrale dell’osso si notano i cosiddetti “nuclei di ossificazione” che andranno poi a formare le parti articolari dell’osso piuttosto che le apofisi sulle quali si inseriscono tendini e legamenti. Proprio di apofisi si parla in questo quarto focus.

Il termine apofisi deriva dal greco Apophysis che letteralmente significa “prodotto”. Propriamente il termine indica una sostanza prodotta per estensione e moltiplicazione di cellule. Essa è dunque una protuberanza ossea e quella in questione oggi si trova immediatamente sotto al ginocchio, sulla parte prossimale della tibia, sede di inserzione del grosso e potente tendine rotuleo, chiamata Tuberosità tibiale anteriore.

Durante l’accrescimento la tuberosità è costituita da una placca cartilaginea e si accresce prevalentemente per aumento di volume della cartilagine. Con la comparsa del nucleo osseo la tuberosità cresce grazie alla fibrocartilagine del tendine rotuleo che va in contro ad ossificazione.

In questa patologia questa ossificazione è alterata da fenomeni degenerativi. Questi disturbi clinici sono provocati fondamentalmente da micro lacerazioni causate dall’abnorme sollecitazione meccanica che il tendine rotuleo (tendine del terzo muscolo più potente del corpo umano, il quadricipite), esercita sulla tuberosità. Per questo motivo la patologia è definita anche “apofisite di trazione”. Per farvi capire meglio è come se ci sedessimo su un muro di mattoni e cemento fresco, il nostro peso altererà la forma e qualche mattone non attecchirà sul cemento facendo risultare il muro instabile.

Il morbo si manifesta in età adolescenziale in ragazzi dediti all’attività sportiva. Il sintomo principale è il dolore a livello della tuberosità tibiale, esacerbato con la contrazione attiva del muscolo quadricipite e dalla digitopressione. A volte si può osservare un gonfiore localizzato sull’apofisi. La diagnosi deve essere confermata dall’esame radiografico che può mostrare una irregolarità di ossificazione.

Il trattamento è conservativo e consiste nel ridurre le attività del giovane paziente fino alla remissione della sintomatologia dolorosa. Alla fine della crescita può residuare una sporgenza della tuberosità tibiale anteriore causata da una ossificazione della parte inserzionale del tendine rotuleo. In alcuni questa provoca disturbi e deve essere rimossa chirurgicamente

Trattamento fisioterapico

Il trattamento fisioterapico trova spazio dopo il periodo di riposo che ha fatto regredire la sintomatologia. Il quesito riabilitativo si occuperà del recupero muscolare dopo la protratta inattività. Il rinforzo deve essere graduale per accompagnare quella che è la naturale crescita ossea e stimolare quelle trazioni tendinee necessaria per suddetta crescita. Lo sport non è bandito in questa fase, si devono però prediligere sport a basso impatto e basso carico, come il nuoto (eccezion fatta per lo stile a rana) e il ciclismo, su percorsi pianeggianti e poco impegnativi. La patologia è benigna, non è legata a nessun fattore genetico e regredisce nel giro di due anni







le nozioni presenti in questo articolo sono state estrapolate da:
1) F.Postacchini, E.Ippolito, A.Ferretti-"Ortopedia e traumatologia"
2) J.C.Thompson - "Atlante di anatomia ortopedica di Netter"

lunedì 2 maggio 2016

Lesione legamento crociato anteriore: trattamento chirurgico e riabilitazione

Lesione del legamento crociato: trattamento chirurgico e riabilitazione

In questo terzo focus voglio parlarvi di uno dei traumi ortopedici più frequenti e uno di quelli di cui si sente più parlare data la sua alta incidenza in sport come il calcio ed il basket: la rottura del legamento crociato anteriore.
Anatomicamente i legamenti sono delle strutture statiche e scarsamente elastiche che congiungono due estremità ossee. Da non confondere coi tendini che, come spiegavo nel focus precedente, rappresentano la parte terminale del muscolo che si inserisce su un osso, sono discretamente elastici e stabilizzano indirettamente un’articolazione. I legamenti servono dunque a stabilizzare l’articolarità tra due ossa, limitandone il movimento a quello fisiologico e biomeccanicamente adeguato.

Il legamento crociato nella fattispecie si trova all’interno dell’articolazione del ginocchio. Il suo acronimo esatto è LCAE ovvero legamento crociato anteriore esterno. Crociato perche si incrocia con il legamento crociato posteriore, anteriore perché è più anteriorizzato rispetto al posteriore ed esterno perché parte dalla porzione anteriore dell’interlinea del piatto tibiale fino a raggiungere la faccia mediale nella porzione posteriore del condilo femorale esterno. Questo robusto legamento stabilizza il ginocchio evitando che la tibia vada eccessivamente in avanti rispetto al femore. Inoltre grazie alla loro struttura fanno si che le due ossa stiano sempre a contatto durante il movimento del ginocchio, che è un movimento a cerniera, proprio come quelle di porte e finestre.




Quando si ha una lesione del LCAE?
La lesione del crociato si ha quando si incappa in un trauma che riesce a produrre una forza di trazione sul legamento maggiore della resistenza del legamento stesso. Un LCAE resiste fino a 2500 N. Il trauma più classico è di tipo distorsivo. Quando si sente gergalmente “il piede si è piantato a terra e il ginocchio si è girato” è molto probabile che sia avvenuta una lesione del crociato.
Con questa modalità i casi sono due: nel primo il piede resta piantato guardando verso l’esterno ed il ginocchio va verso l’interno. Questo è il trauma più frequente ed in questo caso la lesione del crociato è associata alla lesione del legamento collaterale mediale. Nel secondo, il piede resta piantato guardando verso l’interno ed il ginocchio va verso l’esterno. In questo caso la prima struttura interessata è il legamento crociato anteriore. Difficilmente un trauma che abbia determinato la lesione del crociato non interessa atri legamenti o le strutture meniscali, ma il legamento crociato resta la struttura anatomica più importante dal punto di vista chirurgico e riabilitativo. La lesione del crociato può avvenire anche per trauma distorsivo da iperflessione del ginocchio, quando ci si accovaccia con eccessiva forza e velocità.
Il soggetto che subisce un trauma che determini la rottura del crociato sentirà nel ginocchio un “crac articolare” e l’immediato bisogno di eliminare il carico dall’arto infortunato. Successivamente potrebbe esserci gonfiore, ecchimosi cutanea (livido, nei casi gravi) ed atteggiamento in flessione del ginocchio come per protezione.
La rottura totale del crociato è diagnosticabile direttamente “in campo” con alcuni test specifici. Le rotture parziali sono diagnosticabili grazie all’imaging, risonanza magnetica in particolare.

Le lesioni del LCAE sono così classificabili:
-I grado: semplice distensione di alcuni fasci del legamento
-II grado: lacerazione legamentosa parziale
-III grado: lacerazione legamentosa totale o distacco del legamento dall’osso

Trattamento
Tenendo conto del fatto che una lesione completa del LCA non ripara spontaneamente la via d’elezione è quella chirurgica. La necessità dell’intervento varia a seconda di alcuni fattori:
-dolore
-instabilità articolare marcata
-età del paziente
-stile di vita

L’intervento chirurgico non è quindi sempre necessario. La rottura del LCAE non è invalidante se il soggetto ha una vita scarsamente attiva, se non pratica sport regolarmente, se non riscontra una instabilità notevole e se non ha dolore. Si tende ad operare quando l’instabilità secondaria del ginocchio diventa invalidante o quando il paziente sia giovane o attivo dal punto di vista sportivo. La lesione del crociato non trattata può portare a problemi secondari quali lesioni meniscali ed artrosi precoce del ginocchio ma in molti casi l’apparato muscolare di questa articolazione riesce a sopperire alla mancanza del legamento facendo risultare il ginocchio abbastanza stabile nelle normali attività di vita quotidiana

L’intervento chirurgico non consiste in una riparazione tramite sutura, anche perché i legamenti sono strutture scarsamente vascolarizzate e quindi avrebbero difficoltà a riparare. Si tratta bensì di una sostituzione. 

Le tecniche utilizzate sono sostanzialmente 3:

-sostituzione del legamento con i tendini dei muscoli semitendinoso e gracile autologo
-sostituzione del legamento con il tendine rotuleo autologo
-sostituzione del legamento con allograft, trapianto da cadavere

La tecnica operatoria è molto complessa ed avviene in artroscopia. Senza entrare in lunghi tecnicismi possiamo così sintetizzare l’intervento.

-          In artroscopia vengono eliminati i lembi del legamento lesionato
-          Nel caso in cui si effettui una sostituzione con i tendini, gli stessi vengono prelevati e preparati
-          Si effettua una canalizzazione ossea che attraversa obliquamente l’articolazione passando da femore a tibia ripercorrendo il l’orientamento del legamento
-          Si inseriscono i tendini di cui si stabilizzano i capi con delle viti

Ciò che avviene biologicamente nei mesi successivi è una vera e propria trasformazione. Il tessuto tendineo che chirurgicamente ha sostituito il legamento va prima in necrosi avascolare e poi viene rivascolarizzato trasformandosi in tessuto legamentoso. Questo processo ha bisogno di 9 mesi ed avviene grazie al fatto che l’organismo riconosce il tessuto come suo ed in quella localizzazione gli conferisce un specifica diversa, non più tendine ma legamento. Inoltre il neo legamento viene perfettamente inglobato nell’osso. Affinché questo processo avvenga è necessario però un input e questo viene dato dalla fisioterapia.

Riabilitazione
Lo scopo macroscopico della riabilitazione è quello di ridare articolarità, equilibrio e forza al ginocchio. Microscopicamente tutti gli input riabilitativi vanno a stimolare la nuova strutture ed a direzionare la sua linea di riparazione. Se la riabilitazione non venisse effettuata o effettuata in modo non idoneo il neo legamento resterebbe lasso e non darebbe stabilità al ginocchio. La progressione riabilitativa, se si parla di standard può essere così strutturata:



1) fase pre-operatoria:
la riabilitazione inizia prima dell’intervento. Il paziente deve presentarsi al chirurgo con una adeguata articolarità del ginocchio ed una buona massa muscolare. La mancanza di questi indici potrebbe essere preclusiva per la buona riuscita della riabilitazione

2) fase post-operatoria 0-2 settimane:
il paziente vene dimesso con un tutore bloccato in estensione durante il cammino e la notte. Il carico è concesso con 2 stampelle, di cui una eliminabile dopo una settimana se tollerato il carico. Il primo obiettivo è quello di ridurre l’edema, il gonfiore ed il dolore, come dopo ogni intervento chirurgico.
In questa fase è importantissima la tempestiva mobilizzazione con l’obiettivo di riguadagnare la completa estensione, necessaria per la deambulazione. La flessione da raggiungere entro le 2 settimane è di 90°. Una buona forza del quadricipite ed una buona articolarità ci proiettano alla fase 3

3) fase 3: 2-4 settimane:
ripristino di una buona deambulazione ed eliminazione della seconda stampella. Il tutore resta nel caso in cui il legamento sia stato sostituito con il tendine rotuleo. Viene invece rimosso se si tratta di gracile e semitendinoso. In questa fase si raggiunge la completa articolarità e si incrementano gli esercizi di rinforzo, che restano sempre cauti
4) fase 4: 6 settimane-4 mesi:
si passa alla quarta fase post operatoria se la deambulazione è normale, l’articolarità è totale e la fiducia nel ginocchio da parte del paziente gli permette di iniziare esercizi di equilibrio e stabilità, con carichi e difficoltà crescenti

5) ritorno all’attività sportiva
Al quinto mese si inizia il graduale ritorno all’attività sportiva


FT Michele Laino


Le nozioni presenti in questo articolo sono state estrapolate da:
1) A.Mancini, C.Morlacchi “CLINICA ORTOPEDICA”
2) I.A.Kapandji “FISIOLOGIA ARTICOLARE” vol.2
3) F. Postacchini, E.Ippolito, A.Ferretti “ORTOPEDIA E TRAUMATOLOGIA”
4) B.Young, J.W. Heath “ISTOLOGIA E ANATOMIA MICROSCOPICA”

5) Lezione universitaria di Medicina della riabilitazione, A.A. 2011-12, corso di Fisioterapia II Facoltà di medicina e psicologia, A.O. Sant’Andrea, “La Sapienza” Roma